Il Tartufo di Pizzo: Gelato della tradizione Calabrese
La città di Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia, è stata da sempre legata alla produzione dolciaria.
Il suo centro era da sempre un luogo di commercio e di condivisione culturale, in particolare per quanto riguarda il mondo dolciario.
Grazie a ciò Pizzo era già da tempo nota per la produzione di dolci e gelati.
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Giuseppe De Maria inventa il Tartufo Gelato.
Siamo nel secondo dopoguerra, esattamente 1952 e a far visita Pizzo si presenta un importante Principe, per il quale in suo onore i pasticcieri della città si cimentarono nella produzione della loro arte.
Tra questi vi era il gelatiere Giuseppe De Maria, che ritrovandosi senza granite e formine, si vide costretto ad improvvisare. Inventò così un nuovo prodotto (forse ispirandosi all’omonimo cioccolatino piemontese).
Modellò con le mani delle palline di gelato artigianale, metà alla nocciola e metà al cioccolato, con dentro del cioccolato fondente liquido, caramello e liquore Strega, chiudendole poi con un metodo simile a quello usato per l’arancino.
Infine, ricoprì il tutto con una spolverata di cacao amaro in polvere.
Per poter consolidare il tutto lo mise in una carta pergamena dentro a una stecca di ghiaccio.
Nacque così il Tartufo di Pizzo.
Il suo nome deriva dalla forma che ricorda un po’ quella del fungo, e in passato ancora di più, visto che erano molto più irregolari di come sono oggi.
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Tartufo IGP lavorato a mano
Ad oggi con la crescente domanda e di conseguenza l’aumento della produzione, l’artigianalità del prodotto non è sempre garantita. La produzione si sta sempre più allontanando dall’artigianato per farsi inglobare dall’industria.
Il tartufo di Pizzo Igp, invece deve essere rigorosamente un gelato di fattura artigianale, dalla tracciabilità garantita.
Ad oggi dunque, il tartufo IGP prevede l’originale lavorazione di un tempo.
Il metodo artigianale non è cambiato e il tartufo si fa ancora oggi nello stesso modo.
Si preparano due palline di gelato, alla nocciola e al cioccolato, vengono modellate nel palmo della mano fino a formarne una semisfera. Fatto ciò bisogna esercitare una leggera pressione all’interno per creare un piccolo foro nel quale aggiungere una colata di cioccolato fondente fuso, senza conservanti, additivi o addensanti.
A questo punto il tartufo va messo subito nell’abbattitore per circa tre ore.
Sono due i veri segreti di un buon tartufo: l’abilità manuale di chi lo prepara, dotato di una abilità manuale nel chiudere rapidamente i tartufi, e nella qualità degli ingredienti e l’utilizzo di macchinari ancora molto antichi.
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